Il tempo, all’improvviso, ha rallentato e si è dilatato.
Quante volte, ho letto, ci siamo lamentati per la mancanza di tempo,
ed ora abbiamo fatto esperienza di quanto è lungo un giorno.
Tutti costretti a fare cose non previste e non programmate, perché
a volte ciò che non si fa per scelta si deve fare per costrizione (un altro ti
condurrà dove non volevi).
Mi ritrovo “monaco” in casa, ma non da solo. A gestire tempi, spazi e strumenti tecnologici
con moglie e tre figli (h 24).
Affiorano pensieri di inquietudine sulla durata di questa emergenza, di timore sulle conseguenze
che questa crisi può ancora produrre, di preoccupazione per i genitori anziani e lontani e non
raggiungibili.
Ma nel cuore alberga anche un grande desiderio! Che il dopo, per chi ci arriverà, possa essere
davvero qualitativemente diverso, come per Israele dopo il passaggio del Mar Rosso e dopo la tragedia
dell’esilio.
Mi dà fastidio, però, lo slogan “andrà tutto bene” perché, intanto, ad alcuni, troppe persone, è già
andata male e il prezzo che stiamo pagando è altissimo.
Eppure da questa lotta, come quella di Giacobbe con Dio al ruscello Iabbok, possiamo uscirne feriti, ma con una benedizione.
E un nome nuovo.
Questa la speranza che il cuore sostiene.
Un abbraccio
Luigi P.