In una città povera come Napoli questa attesa si scontra con le necessità, la paura del domani, l’accresciuto senso di precarietà. Niente sarà come prima, probabilmente sarà peggio, più violenza e infelicità. A meno che non riusciamo a recuperare il respiro profondo dell’universo, di quest’alba che avanza furtiva costellata di canti di uccelli che ieri non riuscivo a sentire.
Ridurre la fretta, la corsa, l’ansia.
Allargare il silenzio.
Accogliere piccole cose di ogni giorno.
Rendersi conto delle tante povertà, della mancanza di pane e di futuro che attanaglia le famiglie e le città.
In questo momento anche i miei figli sono a casa, attendono anche loro il futuro.
Hanno paura.
Ciò che hanno costruito in questi anni di studio e di lavoro si sta sfarinando sotto i giorni che passano; le idee, le relazioni, i sogni di giovani e adolescenti.
Eppure lo stare insieme come non accadeva da tanto, è un ultimo momento di famiglia a cui seguirà lo spiccare definitivo del volo della vita. Attendo questo passaggio.
Una crisi che diviene vita, un domani che diverrà oggi, e che avrà le sue radici nella generosità e nel sogno di cambiamento che sapremo sognare e condividere, come il gelsomino emana inconsapevole il suo profumo a rallegrare l’alba.
Costanza B.