Lo conoscevamo bene, lo amavamo anche di più. Il Vescovo Bettazzi era un riferimento, una pietra angolare, era lo sguardo della Chiesa cui si siamo sempre sentiti più vicini. Ma era soprattutto un amico, capace di trasmetterci insegnamenti profondi intercalati da una battuta ironica o da una barzelletta, capace di farci emozionare, ma anche ridere.
Era una figura straordinaria per la sua fede, per l’impegno a fianco degli ultimi, per l’attività senza sosta a favore della pace. Ma era anche un uomo festoso, che sapeva stare tra la gente, imbevuto costantemente di umanità.
E il nostro amore per lui, era ricambiato.
“Romena, ci disse una volta – è un luogo molto bello non solo per la natura ma per l’umanità. È qui che si capisce, come diceva il Concilio, che non è l’umanità fatta per la chiesa, ma che la chiesa è fatta per l’umanità. Il Signore ama tutto il mondo, e la chiesa deve aiutare la gente a riconoscere lil Signore e gli uomini ad amarsi far di loro”.
In questo giorno in cui è salito verso il Cielo, ci piace ricordare quel fine settimana in cui ci incontrammo per la prima volta. Era il luglio del 2001. Monsignor Bettazzi lasciò Genova nel pieno gorgo del social forum per rispettare l’appuntamento preso per la nostra festa dei dieci anni. I mezzi pubblici erano in grave difficoltà e Bettazzi riuscì avventurosamente ad arrivare in Casentino dopo un viaggio lunghissimo. Non aveva però perso la sua ironia. “Avevo preparato un intervento – disse, esordendo – ma ricordo sempre quello che mi dissero una volta quando chiesi scusa per non aver preparato un discorso: “Non si preoccupi monsignore, parli pure a vanvera…”
Gli avevamo chiesto di parlare dello stupore. E lui ci trafisse il cuore così: “Sapete cosa mi stupisce di Dio? Mi stupisce quanto mi ami e quanto mi stimi. Mi stima talmente tanto da lasciarmi completamente libero, libero anche di negarlo”.
“Per me – aggiunse – il mistero più grande di Gesù sono gli anni della sua vita nascosta. A 12 anni Gesù dimostra che, se esce allo scoperto, converte anche i dotti del tempio. E invece torna a Nazareth fino a trent’anni. Trent’anni per far capire il valore della vita di tutti i giorni! Gesù ha salvato il mondo in ogni momento della vita di tutti i giorni, come sulla croce. Non l’ha fatto con un colpo di bacchetta magica, è venuto a vivere dal di dentro, uomo come noi”.
Non smettevamo più di applaudirlo. Lui concluse mettendo la parola stupore dentro una sola frase: “L’esperienza più grande dello stupore consiste nell’aprirsi agli altri”.
E questo fece, in quel suo primo incontro con Romena: restò con noi per tutto quel fine settimana, partecipando a ogni momento, sempre in mezzo alla gente.
La nostra amicizia, benedetta da quel primo momento, si arricchì negli anni successivi di tanti altri momenti: incontri, corsi, visite informali. Ogni volta era una gioia, una grazia, un dono.
Tutta questa bellezza oggi, ancora di più, ci gorgoglia nel cuore.